Cella di San Camillo presso l’ex convento dei Cappuccini di Trivento (CB)


«Servire i sofferenti 
è servire Cristo in persona» 

(San Camillo)

di
Marcella La Guardia

Oggi, 14 luglio, è la festa di San Camillo De Lellis, fondatore dei Camilliani, ordine dedito all'assistenza dei malati.

Le notizie sulla sua vita sono reperibili, per chi desiderasse approfondire, nei tanti siti presenti su Internet.

Ciò che, invece, vorrei sottolineare è quel momento particolare in cui Camillo, dopo la conversione e dopo aver maturato la decisione di abbracciare la vita dei frati francescani, si reca, nel febbraio del 1575, in Molise, a Trivento (CB) per proseguire ed approfondire il discernimento vocazionale presso l'attuale ex convento dei cappuccini, dov'è ancora oggi conservata la sua cella.

Me lo immagino in questo luogo come un ragazzone di venticinque anni che, dopo aver scoperto un Dio in grado di capovolgere la sua vita fino ad allora vissuta e sciupata nel vizio del gioco d'azzardo, desidera una conversione continua, una svolta decisiva verso il senso pieno del suo esistere.

Strano a dirsi, per un peccatore incallito: Camillo ha voglia di uno "stato di penitenza" in cui "stare e morire"!

Mi piace vederlo rappacificato, gioioso, capace di condivisione con gli altri frati, non solo del pane quotidiano e degli spazi comuni, ma anche delle attese di un novizio che si prepara a dare il meglio di sé alla comunità francescana ed al mondo intero.

Penso, infine, al momento in cui Camillo si accorge che lo strofinio, del tanto amato abito da cappuccino, ha riaperto quella vecchia piaga alla caviglia destra che, anni addietro, lo aveva portato all'abbandono della vita militare ed al ricovero in ospedale.

Credo che il grande dolore al piede non sia stato equiparabile alla delusione derivante dalla sospensione del noviziato, dopo appena tre mesi, per recarsi a Roma e farsi curare presso l'ospedale «San Giacomo degli Incurabili»!

Più tardi, Camillo stesso riconoscerà in questa dolorosa esperienza un segno chiaro ed inequivocabile della volontà di Dio:


"Poiché Dio non mi ha voluto Cappuccino, 
né in quello stato di penitenza 
che tanto desideravo di stare e di morire, 
è segno dunque che mi vuole qui, 
al servizio di questi poveri suoi infermi".


"Dio ci ha mandato questa infermità perché,  
fatti buoni e perfetti maestri nel patire, 
sappiamo poi con più carità e compassione 
servire e compatire gli infermi".





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