CATECHESI AND FOOD


DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO… FINO ALLA FINE!

di 
Marcella La Guardia

Parlare di fine vita nella nostra «Catechesi and food» sembra assolutamente fuori luogo eppure non c'è nulla di più attinente!

Fuorviati dall'idea dello "staccare la spina" come modalità principale d'interruzione di un accanimento terapeutico, finiamo con il considerare tutti i malati terminali collegati ad una macchina in grado di tenerli in vita. In realtà la maggioranza vive libera da ogni presidio tecnologico tanto da non temere alcun fatale distacco di spina!

Le giornate di un malato sono spesso scandite dall'alternarsi di flaconi con tutti i principi nutritivi per la nutrizione enterale (attraverso l'apparato digerente) e/o di flebo per la nutrizione parenterale (attraverso la via endovenosa). Si tratta della cosiddetta nutrizione ed idratazione artificiale, un particolare pasto con le sue dosi, i suoi tempi ed i suoi orari grazie al quale la persona si ciba e riceve quel minimo di forze per vivere ed affrontare le fatiche ed il dolore fisico e morale che caratterizzano l'ultimo tratto della propria vita.

Può verificarsi il sopraggiungere del limite naturale a questo tipo di alimentazione: è il corpo che non riesce più a riceverla per l'intestino che non ne assorbe più i principi o per i reni che, non svolgendo più la loro funzione escretoria, non eliminano i liquidi in eccesso e le tossine. In queste situazioni la nutrizione enterale e/o parenterale diventa un danno per il malato e necessariamente va sospesa.

Da sempre il dibattito inerente il "fine vita" si è concentrato proprio sull'opportunità o meno di continuare la nutrizione e l'idratazione artificiale nella fase terminale anche quando non sussistono le condizioni di mal assorbimento su descritte.

Con la Legge 219/2017, contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” l'idratazione e l'alimentazione artificiale sono considerate a tutti gli effetti terapie perché prescritte dal medico.

Da qui, in quanto terapie, la legge, automaticamente, le configura come possibile accanimento terapeutico e, pertanto, sospendibili da parte del medico secondo il consenso del paziente o dei familiari autorizzati (nel rispetto dell'art. 32 della Costituzione Italiana).

La questione è molto delicata e gli orizzonti cambiano a seconda del punto di osservazione.

Cristo ci pone su una vetta, illuminandoci e guidandoci attraverso la riflessione della Chiesa condensata e cristallizzata in importanti documenti come la lettera enciclica Evangelium Vitae di papa Giovanni Paolo II, punto di arrivo ma anche di ripartenza per ulteriori approfondimenti sul tema vita.

In considerazione che l'alimentazione è un atto primario per la vita, il magistero della Chiesa ha sempre considerato acqua e cibo, anche quando assunti attraverso mezzi artificiali, un mezzo naturale ed il minimo sostegno vitale alla persona. Pertanto, non possono essere negati, a meno che non sussistano le condizioni di mal assorbimento su descritte.

Negare questo tipo di nutrizione, anche se la legge italiana lo permette, equivale a praticare la cosiddetta eutanasia passiva, cioè l'omissione di un trattamento necessario alla sopravvivenza della persona. L'effetto è praticamente uguale alla cosiddetta eutanasia attiva consistente nella somministrazione di un farmaco che provoca la morte.

La malnutrizione del malato, inoltre, non porta alcun beneficio alla persona se non il subentrare di ulteriori e dolorose complicanze come l'insorgenza delle piaghe da decubito, l'abbassamento delle difese immunitarie, il deterioramento cognitivo, alterazioni del sensorio e delle funzioni cardio-circolatorie e così via di seguito.

Insomma, non diamo assolutamente credito a quella vocina che ci dice che è tutto inutile di ciò che vien fatto al nostro caro in fase terminale perché proprio quando tutto sembra inutile inizia la cura più importante per vivere gli ultimi momenti della propria esistenza.

Cicely Saunders, assistente sociale, infermiera e medico, fondatrice dell'hospice inteso in senso moderno, ha insegnato a riguardo aprendo la strada maestra delle cure palliative, di cui Giovanni Paolo II parla nella sua Evangelium Vitae.

Il "pallio" è il mantello e non c'e immagine più bella per indicare una cura globale che sappia avvolgere, dare calore umano, proteggere amorevolmente, abbracciare un Gesù che attraverso il sofferente ancora una volta ci chiede "Vegliate con me" e sulla croce ci dice "Ho sete".

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