Mandato ai catechisti, 
la meditazione del Vescovo Corrado  

L'intervento di Mons. Sanguineti all'incontro 
svoltosi il 14 settembre alla Sacra Famiglia di Pavia

Carissimi amici,

la celebrazione del vostro mandato, all’inizio di un nuovo anno catechistico, avviene in questo giorno in cui la Chiesa onora e adora il mistero della croce di Cristo, come segno paradossale di gloria e di vita: proprio ciò che agli occhi degli uomini è scandalo e follia, è debolezza e insipienza, proprio il momento in cui Cristo sembra sconfitto e perdente, acquista agli occhi della fede pasquale una nuova luce e un nuovo significato.

Perché l’amore vissuto fino alla fine da Gesù nell’ora della sua sofferenza e della sua ingiusta condanna trasforma la morte in vita, e immette già un seme di gloria nell’oscurità e nell’apparente fallimento dell’epilogo drammatico della vita di Gesù. 

Questo mistero – la gloria nell’umiliazione, la potenza nella debolezza, la vittoria nella sconfitta – diventa una sorgente d’inesauribile speranza per la nostra vita, per la vita della Chiesa in questo momento così carico di prove e di fatiche: nella nostra preghiera questa sera vogliamo invocare l’assistenza e la consolazione dello Spirito per tutti i pastori, in modo particolare per Papa Francesco, vogliamo essere a lui vicini con l’affetto e la nostra povera preghiera. 

La luce della speranza che si dischiude in Cristo, il crocifisso risorto, investe e illumina anche il nostro servizio nelle comunità parrocchiali alle quali apparteniamo e nella nostra diocesi di Pavia: il servizio prezioso che svolgete come catechisti, per la crescita della fede, per il cammino dell’iniziazione cristiana, per il coinvolgimento dei genitori nell’educazione alla fede dei loro figli. 

Può succedere di essere tentati dallo scoraggiamento o dalla rassegnazione, di fronte alle difficoltà che incontriamo in questo campo, di fronte all’indifferenza di molte famiglie, di fronte al fatto che la stragrande maggioranza dei ragazzi, dopo il percorso dell’iniziazione cristiana, si allontanano e perdono un contatto con il cammino della fede nelle nostre comunità. 

Credo che, senza essere ingenui, accettando di lasciarci provocare e interrogare da quello che accade, possiamo però riprendere il cammino dell’anno, con una certezza buona e vera: che il Signore è all’opera, anche là dove noi leggiamo o siamo tentati di leggere solo una mancanza, pochi frutti, una lontananza che sembra crescere in questi anni rispetto alla vita di fede. 

Come si esprimeva Benedetto XVI, in una sua omelia di alcuni anni fa, rivolta ai vescovi della Svizzera, che portavano al Papa il racconto di una Chiesa in crisi, in forte difficoltà nel testimoniare il Vangelo: «Dio non fallisce. “Fallisce” continuamente, ma proprio per questo non fallisce, perché ne trae nuove opportunità di misericordia più grande, e la sua fantasia è inesauribile. Non fallisce perché trova sempre nuovi modi per raggiungere gli uomini e per aprire di più la sua grande casa, affinché si riempia del tutto. (…) Dio non fallisce, nemmeno oggi. Anche se sperimentiamo tanti “no”, possiamo esserne certi. Da tutta questa storia di Dio, a partire da Adamo, possiamo concludere: Egli non fallisce. Anche oggi troverà nuove vie per chiamare gli uomini e vuole avere con sé noi come suoi messaggeri e suoi servitori». 

Su questo sfondo, ci mettiamo in ascolto del vangelo che ho scelto per questa breve meditazione (Lc 5,1-11), ed è il racconto della chiamata di Simone, con i suoi compagni, a diventare apostoli, pescatori di uomini. È un passo di grande bellezza che racchiude un appello e una sfida. 

S’intuisce una familiarità già esistente tra Gesù e questi pescatori sul lago di Gennèsaret, come appare dalla richiesta di Cristo di poter utilizzare una delle barche di Simone, come luogo da cui rivolgere la parola alla folla che fa ressa. Una folla che circonda Gesù, «per ascoltare la parola di Dio», la parola del Regno, la rivelazione di Dio che accade in Gesù: anche noi siamo chiamati a essere sempre più uditori di questa parola, la parola che viene da Dio e con la quale Dio si rivolge a noi, entra in rapporto con noi. 

Nella misura in cui siamo uomini e donne che si mettono in ascolto della parola di Dio, della parola del Vangelo, possiamo diventarne annunciatori, testimoni, maestri nel servizio alla fede dei bambini, dei ragazzi, degli adulti con i quali camminiamo. Insieme a questo tono familiare, traspare dalle parole di Simone, stanchezza e delusione. Gesù lo provoca, lo invita: «Prendi il largo gettate le vostre reti per la pesca» (Lc 5,4). 

Quante volte siamo raggiunti dallo stesso invito, da parte del Signore, sia nella nostra esperienza personale, sia nella nostra opera di catechisti, sia nella vita delle nostre comunità. «Prendi il largo» è un invito a osare, a rischiare, a non chiuderci nei nostri ristretti confini, a non essere persone con un cuore piccolo e meschino, a non arrenderci di fronte alle difficoltà, agli insuccessi, alle notti infeconde…

La risposta di Simone è la risposta di un uomo che, per ciò che ha già visto e intuito, si fida del Maestro, rischia la sua libertà su di lui e sulla sua parola: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). 

Grazie a questo atto di fiducia, al rischio personale di Simone, si compie il miracolo della pesca miracolosa: le reti si riempiono e Simone con i suoi amici sono pieni di stupore: avvertono con tremore la presenza di Dio che opera in Gesù, e Simone riconosce la sua miseria di peccatore, si sente confuso e indegno di stare accanto al Signore. Eppure, Gesù non lo allontana, anzi rilancia la sua proposta: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10). Fino a rendere possibile in questi uomini semplici e leali il gesto di una totale sequela, inizio di un’avventura drammatica e intensa: «E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11). 

Carissimi amici, ricevere il mandato per un nuovo anno di servizio come catechisti – un servizio a nome della Chiesa e del Vescovo – non è la ripetizione di un rito, o di un adempimento formale: è un gesto di libertà, con il quale, ancora una volta, ciascuno e ciascuna di voi accetta di prendere il largo, nonostante le fatiche e le delusioni, e decide di rischiare sulla parola di Gesù, di tornare a gettare le reti nelle acque chete o agitate, splendenti di luce o offuscate dalla nebbia, dei cuori, con il desiderio di comunicare la gioia e la bellezza della fede, dell’amicizia con Cristo. 

Insieme a questo rinnovato atto di fiducia nella potenza debole della Parola e del Vangelo, noi ci riconosciamo inadeguati e sproporzionati di fronte al compito che accogliamo: siamo tutti coscienti dei limiti della nostra opera, sappiamo di essere poveri peccatori in cammino, e tuttavia, confidiamo nella forza silenziosa del Vangelo, siamo certi che la parola che cerchiamo di trasmettere e di comunicare, nella misura in cui non viene da noi, è un seme destinato a penetrare nella terra dell’esistenza, capace di portare frutto, secondo tempi e modi che non fissiamo noi! 

Così, carissimi, essere catechisti significa essere servi della Parola, servi umili, che non fanno calcoli, che non pretendono di vedere risultati, che cercano di curare le radici profonde della vita: radici nascoste, che sembrano scomparire sotto terra, che assicurano la linfa e il nutrimento buono. 

Concludo con una bella preghiera del Cardinale Carlo Maria Martini, che parte dalle parole di fiducia di Simon Pietro, e che può essere la nostra invocazione all’inizio del nuovo anno di cammino, come catechisti e come sacerdoti nelle nostre comunità: «E ora, con voi tutti, vorrei rivolgermi al Signore per rinnovargli la mia fede e la fiducia nella sua misericordia che perdona, risana e rilancia nella corsa. Come Pietro mi affido ancora e sempre a lui dicendo: Maestro, sulla tua parola getterò le reti: ma tu abbi pietà di noi peccatori! Sulla tua parola noi tutti getteremo di nuovo le reti! Le getteremo, Signore, come abbiamo fatto in questi anni, nella consolazione e nel tempo della difficoltà, nel buio della notte, ai primi bagliori dell’alba, sotto l’ardore del sole al meriggio. Sulla tua parola getterò le reti: le getterò continuando a nutrirmi di ogni parola che esce dalla tua bocca e offrendola a coloro a cui mi hai inviato. Le getteremo insieme, rilanciando con entusiasmo l’impegno dell’ascolto, della meditazione perseverante e amorosa, dell’annuncio della Parola di vita. Le getterò nei mari calmi della fede accogliente, come in quelli tempestosi del dubbio e della tentazione di non credere. Le getterò a tempo e fuori tempo, perché sempre e solo dalla tua Parola nasca ogni mia parola» Amen!

+ Mons. Corrado Sanguineti (Vescovo di Pavia)

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